Tu sei qui: Territorio e Ambiente“Non ti pago”: ad Amalfi due weekend all’insegna del teatro
Inserito da (Maria Abate), sabato 25 gennaio 2020 09:42:33
Continuano gli spettacoli teatrali ad Amalfi con lo spettacolo in programma il 25, il 26 gennaio, il 1° e il 2 febbraio.
Alle 17,30, presso il Centro di Solidarietà "Mons. E. Marini", l'appuntamento è con la commedia in tre atti "Non ti pago" di Eduardo De Filippo che sarà messa in scena dal Gruppo Filodrammatico "Tommaso d'Amalfi". La prevendita è attiva presso la sala "Don Andrea" adiacente alla chiesa di San Benedetto anche oggi e fino al 31 gennaio, dalle ore 10 alle ore 12.
La commedia viene messa in scena per la prima volta dalla compagnia "Teatro Umoristico I De Filippo", l'8 dicembre 1940 al Teatro Quirino di Roma con Eduardo nella parte di Ferdinando Quagliuolo e il fratello Peppino che impersona l'antagonista Mario Bertolini (che nelle prime versioni si chiamava Procopio); il successo sia di critica che di pubblico è più che soddisfacente.
Ferdinando Quagliuolo ha ereditato la gestione di un "banco lotto" dopo la morte del padre; è egli stesso un accanito giocatore, in cerca di numeri vincenti, a dispetto della sua eccezionale sfortuna. Un suo impiegato, Mario Bertolini, al contrario inanella vincite su vincite, suscitando una feroce invidia nel suo datore di lavoro. Mario fa la corte a sua figlia Stella, quasi a sua insaputa, con la complicità della madre Concetta. Un giorno Mario annuncia la clamorosa vincita di una quaterna del valore di 4.000.000 di lire. Per l'occasione rivela che i numeri (1, 2, 3 e 4) li aveva ricevuti in sogno proprio dal defunto padre di Ferdinando, il quale va su tutte le furie: si impossessa del biglietto fortunato, rifiutando di corrispondergli la vincita, e rivendica il diritto alla somma. La motivazione risiede nel fatto che Bertolini era andato a vivere nell'appartamento dove Ferdinando aveva vissuto fino alla morte del padre, quindi lo spirito di suo padre si sarebbe rivolto a Mario per sbaglio, volendo destinare la vincita a suo figlio.
Accecato dall'invidia, ma fermamente convinto delle sue idee, Ferdinando si rivolge prima alla legge degli uomini (con l'avvocato Strumillo), quindi alla legge di Dio (con il parroco Don Raffaele), cercando invano alleati. Entrambi - difatti - cercano di convincerlo, senza riuscirci peraltro, che le sue pretese sono irricevibili. Quindi Ferdinando tenta di estorcere una dichiarazione con la quale Mario rinuncia a ogni diritto sulla vincita, avallando al tempo stesso la propria tesi "onirica". Ferdinando intende spaventarlo minacciandolo con una pistola che, però, fa scaricare dal suo aiutante Aglietiello. Questi, tutt'altro che complice del folle disegno del suo padrino, ne informa Mario, il quale dal canto suo ha già pronta una contromossa per incastrare Ferdinando in presenza di testimoni.
Messo alle strette, Ferdinando si appella alla pistola scarica, puntandola al petto di Bertolini, però Bertolini non molla e Ferdinando, arrabbiatissimo ferisce con il calcio della pistola la nuca di Bertolini che sanguina; il litigio termina, ma, Ferdinando, volendo mostrare alle spaventate persone intervenute che la pistola sarebbe scarica, punta l'arma al pavimento e, tra lo stupore generale, parte un vero colpo, seppure a vuoto. Per la tragedia sfiorata, Ferdinando capisce di avere rischiato l'ergastolo: a un Bertolini ancora sotto shock per avere rischiato la vita, rivolge una maledizione davanti al ritratto di suo padre, invocando ogni tipo di incidente e disgrazia qualora si decidesse a ritirare la somma vincente del biglietto che finalmente gli restituisce.
I cattivi auspici si verificano puntualmente e impediscono materialmente a Bertolini di ritirare la vincita ogni qualvolta egli tenti. Bertolini è ormai malconcio nel fisico e nello spirito e beffardamente licenziato proprio da Ferdinando per le continue assenze per malattia: si arrende a Ferdinando e gli dà ragione a pieno titolo. Per Ferdinando Quagliuolo è il suo personale trionfo, e adesso può anche concedere a Mario la mano di sua figlia, che porta in dote i 4.000.000 di lire della quaterna. Inoltre rivela che questa reticenza nei suoi confronti, per non essere stato informato apertamente dell'interesse di Mario verso sua figlia, potrebbe essere stata la vera origine del suo ostracismo.
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