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Tu sei qui: Storia e StorieI mestieri antichi in Costa d’Amalfi, quando il mondo funzionava senza la moderna tecnologia
Scritto da (Maria Abate), martedì 27 febbraio 2018 19:43:34
Ultimo aggiornamento martedì 27 febbraio 2018 20:01:48
Ci sono mestieri che ormai appartengono al passato. Complice la tecnologia, alcuni artigiani hanno visto gradualmente calare le richieste di lavoro e hanno dovuto appendere le scarpe al chiodo per far spazio a nuovi mestieri. Nell'era dell'informatica e dei social network nascono sempre più professioni, come quella dello sviluppatore di app. Ma, ogni tanto, è bene guardare indietro e ricordare com'era lavorare in Costiera Amalfitana.
Anticamente le botteghe artigiane non erano soltanto luoghi di produzione, ma anche "scuole". ‘O masto era affiancato da operai e apprendisti che, fin da ragazzi, imparavano il mestiere. Non occorreva il diploma, soltanto una buona dose di esperienza. E se qualche "ferraro" ancora resiste, figure come il "masturascio" (maestro d'ascia, falegname), lo "spurtellaro", il "ferracavallo" (maniscalco), lo "stagnaro" (idraulico o chi lavorava lo stagno) o il "casciaro" (costruiva "box" per l'esportazione dei limoni) sono scomparse.
Eppure non sono così lontani i tempi in cui le lavandaie esercitavano il proprio mestiere lungo il fiume Reginna, dove vari lavatoi pubblici consentivano di detergere biancheria e abiti di lavoro. «Le popolane - scrive Luigi Di Lieto nel volume "Minori Rheginna Minor - Storia, arte e culture" a cura di Gerardo Sangermano - lavavano in proprio; le famiglie borghesi affidavano i propri panni alle lavandaie. Usavano sapone fatto in casa con grasso di vacca e soda caustica, o confezionato dai "saponari" in sbarre e venduto a peso. Battevano sulla pietra bruna le pesanti lenzuola e a quel ritmo cantavano vecchie canzoni e, quando non cantavano, spettegolavano, si facevano confidenze perfino intime. Poi a casa a preparare ‘a culata (il bucato). In un grosso cufenaturo (mastello) la biancheria lavata veniva coperta con un panno spesso su cui si stendeva uno strato di cenere e vi si versava abbondante acqua bollente».
Altri mestieri femminili erano quello della "Capera", antenata della parrucchiera, che entrava in tutte le case e portava in giro i racconti delle vicende quotidiane (un po' come accade nei saloni di bellezza moderni), e la "Fattucchiera", una sorta di maga che riceveva presso una locanda.
C'era poi il "Tuttocimporta", una sorta di scrivano pubblico che, in contatto con gli Uffici del Mandamento (Amalfi) e della Provincia, procurava passaporti e biglietti per l'emigrazione, cambi di valuta, accompagnava e prelevava gli emigranti. Di una certa autorevolezza era anche il banditore, che comunicava le disposizioni degli amministratori, ma annunciava anche la presenza di ambulanti e pubblicizzava i loro prodotti.
Antenato del Vu Cumprà, era il "Pannazzaro", venditore ambulante di stoffe e biancheria che girava per i paesi a piedi con addosso una grossa "mappata" (fagotto) che svolgeva dinnanzi ad ogni cliente per svelare la merce, casa per casa.
All'imbrunire, quando ormai era ora di smettere di lavorare e di riunirsi al desco familiare, il "Lampionaio" accendeva i lampioni a gas servendosi di una lunga canna.
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