Tu sei qui: Storia e StorieLa Feluca del Marchese Mezzacapo
Inserito da (Maria Abate), lunedì 6 agosto 2018 12:48:27
di Sigismondo Nastri©
Nel bel volume "Vele italiane della Costa occidentale", edito da Hoepli, dal quale è tratta l'immagine a corredo di questo post, c'è un intero capitolo dedicato alla feluca, un'imbarcazione nata come mezzo di trasporto, ausiliaria delle navi da guerra, ma anche di rappresentanza o di cerimonia. Come quella appartenuta ai marchesi Mezzacapo di Monterosso che a Maiori avevano palazzo (ora sede di rappresentanza del Comune) e castello (il grazioso castello Miramare, sulla linea di confine con Minori).
Alla morte dell'ultimo componente della famiglia, avvenuta credo a metà degli anni sessanta del secolo scorso, l'imbarcazione fu proposta in dono alla municipalità locale. Ricevendone questa risposta, imbarazzata e, soprattutto, imbarazzante: "E che ce ne facciamo?". La feluca, quindici metri di lunghezza, due emezzo di altezza, diciotto remi, conservata in un baracca posta sull'estremità occidentale del lungomare, accanto al convento San Francesco, fu rifiutata anche da qualche museo napoletano, dichiaratosi "non in grado di ospitarla". Avrebbe fatto una brutta fine senza l'intervento della Marina Militare e del direttore del Museo Navale di Venezia, barone Rubin de Cervin Albrizzi. Nel 1963, a bordo di una nave ausiliaria della Marina, fu trasportata nella città lagunare. Dove, ancora oggi, al Museo Navale, suscita l'ammirazione dei visitatori per le sue linee armoniose, per le fiancate scolpite, i fregi, le decorazioni.
Le cronache ricordano che, ai primi del XVIII il marchese Guido Mezzacapo, con questa feluca, di nome Luxoria, spinta dalla forza di diciotto vogatori, fece il viaggio da Maiori a Malta. In epoca più recente, nel 1921, la barca fu rimessa a mare per la processione del SS. Sacramento, lungo la Costa d'Amalfi, in occasione del I Congresso eucaristico diocesano.
Quanto ai marchesi Mezzacapo, essi hanno avuto un ruolo importante nella vita del territorio, non solo come proprietari di fondi agricoli (grandi produttori di limoni), ma anche per l'impegno politico. Da loro dipendevano quasi tutta l'economia di Maiori e buona parte della popolazione: lavoratori agricoli e le mitiche, eroiche trasportatrici di limoni (quelle che Peppino Di Lieto, in una poesia, ha battezzato "furmechelle"). Si diceva: "Ha mangiato 'o Marchese, ha mangiato tutta Majure".
Due esponenti della famiglia furono eletti alla Camera dei deputati: Francesco (VIII e IX legislatura del Regno, dal 1865 al 1867); Guido (XX e XXI legislatura, dal 1897 al 1904).
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