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Tu sei qui: Storia e StorieImmacolata, la festa di Cetara: "’Mmaculàta Cunceziòne, sei ducàte ’o sparagliòne"
Scritto da (Admin), mercoledì 8 dicembre 2021 17:02:06
Ultimo aggiornamento mercoledì 8 dicembre 2021 17:10:51
di Costantino Montesanto* Avvocato
Il dogma dell'Immacolata Concezione risolse un contrasto teologico insorto nel III sec. d.C. sulla nozione agostiniana di "peccato originale", acuito dall'"eresia pelagiana", dalla successiva posizione di Sant'Anselmo d'Aosta (IX sec. d. C.) e proseguito a fasi alterne ϐino alla metà del XIX sec., quando Pio IX, con decreto dell'8 dicembre 1854, proclamò, come incontestabile mistero della fede, che Maria, in quanto predestinata ad essere madre di Gesù, era stata eccezionalmente concepita esente dal peccato commesso da Adamo ed Eva e trasmesso a tutti i loro discendenti ancor prima che vengano al mondo. Ben prima del decreto pontificio tale mistero era stato elevato a culto dalla tradizione: tanto è vero che la cetarese suor Orsola Benincasa già nel XIV sec., con licenza delle superiori gerarchie ecclesiastiche, aveva fondato l'Ordine delle suore Teatine dell'"Immacolata Concezione".
Proprio alla venerazione di Suor Orsola, tenuta viva nei secoli successivi alla sua morte dall'attiva presenza dei Francescani a Cetara, vanno collegate le remote origini del culto dell'Immacolata Concezione ancora oggi fortemente sentito nel nostro paese. Può, dunque, affermarsi senza esitazioni che a Cetara la festa dell'8 dicembre - a differenza delle manifestazioni emulative che si svolgono nello stesso periodo nei paesi vicini - è il risultato d'un originale percorso religioso, con remoti, specifici e solidi fondamenti storico-culturali.
Nella sua più verace tradizione - fedelmente osservata fin oltre la metà del secolo scorso - la vigilia dell'Immacolata era caratterizzata da una frugale cena in famiglia, introdotta dalla cosiddetta "insalata di rinforzo" (composta da alici salate, "paparacchielle", pomodori secchi, melanzane sotto aceto, olive verdi e nere e scaglie di tonno sott'olio), che precedeva il trionfante ingresso degli spaghetti o dei "broccoli di Natale" conditi con la colatura di alici (la prima dell'annata); seguivano frittura, baccalà o "acqua pazza" (con la immancabile presenza dello "sparaglione"): nulla a che vedere, dunque, con la crapula e il consumismo più smodato che ultimamente hanno finito con l'offuscare e il volgarizzato il valore simbolico della ricorrenza.
Nel cuore della notte gli spiazzi e gli slarghi del paese cominciavano a punteggiarsi di falò, attorno ai quali si raccoglievano a scaldarsi gruppi di persone in attesa della messa antelucana: chi non aveva cenato (o non s'era soddisfatto) ingannava l'attesa arrostendo patate nella brace dei falò.
Infine, verso le 5 del mattino - quando, in prossimità del solstizio d' inverno, era ancora buio pesto - la processione, composta prevalentemente da uomini, attraversava le vie del paese.
A Cetara quell'unico rito assorbiva ed esauriva anticipatamente il Natale, il Capodanno e l'Epifania.
Fonte: CetaraNews.it
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