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Tu sei qui: Economia e TurismoLa Divina punta sull'oro giallo, l’intervista di Aceto a “L’Ora di Cronache”
Scritto da (Maria Abate), giovedì 7 maggio 2020 17:56:12
Ultimo aggiornamento giovedì 7 maggio 2020 17:56:12
Di Andrea Bignardi (Tratto da "L'Ora di Cronache" del 7 maggio)
«Non ho messo i dipendenti della mia azienda in cassa integrazione. Lavorano con me, soffriamo insieme e gioiamo insieme per continuare ad essere sentinelle della Costiera Amalfitana». Salvatore Aceto, imprenditore agricolo e membro di Confagricoltura Salerno, è il discendente di una storica famiglia di limonicoltori amalfitani, porta avanti una scelta coraggiosa e di controtendenza in un momento di crisi devastante per la Divina.
Il turismo internazionale è azzerato, le strutture alberghiere chiuse come non accadeva dal 1943, l'anno più buio del secondo conflitto mondiale. E la seconda fonte di sostentamento per la Divina, il suo "oro giallo", è messo a repentaglio da una serie di criticità che vanno ben oltre il Covid-19. Le frane dello scorso 21-22 dicembre hanno infatti messo a dura prova la struttura di una buona parte dei caratteristici terrazzamenti ove si svolge la coltivazione dello "sfusato". E prima ancora, l'ondata di maltempo che si abbatté sul nostro territorio nel maggio dello scorso anno, uno dei più piovosi degli ultimi trent'anni, aveva distrutto buona parte della fioritura. Risultato: la produzione di quest'anno è dimezzata.
Nessuno di questi eventi devastanti hanno fermato la sua azienda: «Dobbiamo far sentire i nostri dipendenti - afferma Aceto - importanti e non inutili».
Come mai ha scelto di continuare a far lavorare i suoi dipendenti al completo in questa stagione?
"Ci sono due motivi alla base della mia decisione: da un lato il nostro territorio non può conoscere l'abbandono, dall'altro non avrei potuto abbandonare i miei dipendenti. Avrei potuto iniziare un po'- più tardi, mi sarei potuto fermare. Ma ho preferito mantenerli in forza tutti, avvantaggiandoci cosi anche a livello temporale sulla raccolta".
La sua è stata una scelta coraggiosa.
"Non ho regalato nulla ai miei operai, che si sudano la pagnotta. Lavorare nei terrazzamenti significa salire e scendere senza sosta per ore".
Nei mesi scorsi si è parlato di un boom dello sfusato amalfitano, inquadrato come antidoto al Covid-19. Ma i dati sulla raccolta non collimano. Si è trattato di semplice fervore mediatico o effettivamente c'è stato un rilancio di questo prodotto?
"All'inizio dell'epidemia c'è stato un grande racconto, per certi versi molto fantasioso, legato al limone come antidoto al Coronavirus. E' fondamentale per innalzare le difese immunitarie, è un vero toccasana ma purtroppo non è la panacea di tutti i mali".
Dunque a cosa è stato dovuto l'aumento vertiginoso dei prezzi?
"Non è stato legato all'aumento della domanda ma alla scarsità dei prodotti. In Calabria ed in Sicilia, dove hanno una stagionalità leggermente più precoce della nostra, stanno avendo non pochi problemi con la produzione. Noi abbiamo subito un calo di produzione del 50-60% quest'anno".
A cosa è stato dovuto?
"Alle temperature dello scorso anno. A maggio quando eravamo nel top della fioritura abbiamo perso molti limoni. Venivamo da due stagioni di piena consecutive, questo è un anno di forte scarsità. Inoltre, veniamo dal disastro del 21-22 dicembre dove molti terrazzamenti sono collassati".
Le frane del dicembre scorso potevano rappresentare una tragedia umana per la Divina, eppure non lo furono. I danni economici però sono stati notevoli: il supporto delle istituzioni per superarli c'è stato?
"Abbiamo dovuto in molti casi dovuto provvedere autonomamente: non potevamo lasciare tutto come stava. Avevamo in campo alcune trattative sul tavolo della Regione, con l'obiettivo di mettere in campo un vero e proprio piano Marshall per la ricostruzione dei terrazzamenti. Tutto finito a causa del Coronavirus: non abbiamo tempo nè modo di predisporre le concessioni edilizie necessarie, e i notevoli adempimenti burocratici richiesti".
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